O svaluti la moneta o svaluti il lavoro. In queste parole è sintetizzata l’essenza dell’impatto economico e sociale che l’architettura dell’eurozona esercita in negativo sull’occupazione in netta contrapposizione con i principi fondamentali della nostra Costituzione.
Oggi, abbiamo la possibilità di riscontrarlo nei fatti e possiamo trovare spiegazioni esaurienti in una letteratura molto ampia, anche di carattere divulgativo e di facile lettura. In passato, la narrazione trionfalistica sull’adozione dell’euro faceva velo alle poche qualificate e profetiche voci che mettevano in evidenza l’impatto dell’architettura europea sul conflitto distributivo in termini di pressioni al ribasso sulla disciplina del mercato del lavoro, sulle tutele del lavoratore in quanto contraente debole, sui salari, sull’occupazione.
Tra queste voci, particolarmente significativa era la posizione di Franco Modigliani fortemente critico nei confronti dell’impostazione della politica economica dell’Unione Europea. Riteneva che fosse eccessiva l’enfasi posta esclusivamente sull’inflazione (che non c’era allora e non c’è oggi) a discapito dell’occupazione. Il vero e prioritario problema del governo dell’economia, diceva Modigliani, è il contrasto alla disoccupazione e affermava che l’UE stesse facendo troppo poco per contenerla:
<<l‘assuefazione alla disoccupazione rischia di spingere gli europei a credere naturale una situazione che non lo è affatto e che è spiegabile in termini di teoria economica, soprattutto in termini di teoria economica Keynesiana. Sono indignato dall’infamia di una disoccupazione di massa che non viene affrontata con sufficiente energia. L’inaccettabilità morale di questa situazione in cui le persone invecchiano senza avere un impiego che le appaghi individualmente e che contribuisca al benessere collettivo va gridata ad alta voce. Sono in grado di dimostrare che esiste un modo di rendere la moneta unica compatibile con la piena occupazione>>.
Oggi la pandemia ha esasperato gli effetti delle anomalie progettuali dell’Eurozona e ha spinto la disoccupazione a livelli di emergenza sociale. In Italia, ha fatto crescere di oltre un milione il numero delle persone che hanno un reddito al di sotto della soglia della povertà assoluta. L’incognita più preoccupante riguarda il dopo-pandemia. Quanta parte della disoccupazione e della povertà potrà essere recuperata? Saranno ripristinate le regole monetarie e fiscali nemiche del lavoro?
Un bell’articolo di Federico Fubini pone l’attenzione sulla “vera disoccupazione” in Europa e in Italia e mette in evidenza che il problema è molto più grave rispetto a quanto indicato dal tasso di disoccupazione ufficiale.
Nonostante il crollo del PIL, il tasso di disoccupazione ufficiale (8,16%) segnala in Eurozona un incremento quasi impercettibile, circa mezzo punto percentuale, nel periodo tra l’inizio della pandemia e il marzo scorso. Negli Stati Uniti, dove la caduta del PIL è stata inferiore, l’indice ufficiale della disoccupazione è cresciuto dal 3,5% al 14,8%. Si tratta di un divario enorme tra le due aree economiche, ma è puramente apparente ed è dovuto al fatto che negli USA non esistono, come in Europa, la cassa integrazione o programmi simili per tenere il lavoratore legato all’impresa grazie a sussidi pubblici, anche se il suo lavoro non è al momento richiesto.
L’indice europeo sale al 15% se si considera questa componente e al 18% se si aggiungono gli scoraggiati cioè coloro che avevano un posto di lavoro e ne cercherebbero un altro se pensassero di poterlo trovare. I dati sopra riportati, che danno un quadro più realistico e confrontabile con la situazione negli USA, sono stati proposti da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della BCE, nell’ambito di una conferenza (Monetary autonomy in a globalized world) tenuta a Francoforte il 26 aprile scorso (https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2021/html/ecb.sp210426~0ac9c74462.en.html).
Come risulta dal grafico presentato da Panetta, l’Eurozona aveva all’inizio della pandemia una disoccupazione reale complessiva di poco superiore la 10%. Il dato è molto più alto rispetto al tasso di disocuppazione negli USA (3,5%). Avendo poi subito una crisi economica più intensa e più lunga, l’Eurozona presenta anche oggi (marzo 2021) una quota di senza lavoro reali più alta rispetto agli Stati Uniti (18% contro 14,8%).
Usando la stessa metrica proposta da Panetta, il tasso di disoccupazione reale in Italia ammonta al 22% se si aggiungono, ai 2,5 milioni di persone ufficialmente alla ricerca di un posto, i quasi 3 milioni di lavoratori scoraggiati. Aggiungendo anche i cassaintegrati stabili, il tasso della reale disoccupazione supera il 25%, un quarto del mondo del lavoro italiano. Lo stesso aggregato ammontava al 20% prima della pandemia secondo quanto indicato da Fubini che, giustamente, si domanda come questa fragilità del quadro economico non abbia ancora dato luogo a manifestazioni di instabilità dell’ordine sociale. Questa sarebbe l’inevitabile prospettiva se l’UE dovesse ritornare alle fallimentari politiche di austerità e di rigore in materia fiscale e monetaria. (Per una denuncia della gravità della disoccupazione e delle relative responsabilità, si veda Cosimo Perrotta, Il lavoro umiliato, 1°maggio 2021)
Le cause della disoccupazione nell’Eurozona, strutturalmente più alta che negli Stati Uniti, erano straordinariamente evidenti nel pensiero di Franco Modigliani che, diversamente da numerosi economisti mainstream, non separava le ragioni dell’economia dall’impegno civile supportato da considerazioni di carattere morale e sociale. Fui molto incuriosito dalla sua analisi che proponeva una lettura del tutto eterodossa, e per me nuova, in un clima dominante di celebrazione acritica del progetto della moneta unica. Avendolo incontrato per motivi di lavoro, non mi lasciai scappare l’occasione per invitarlo a tenere una lezione nel mio corso di Finanza Aziendale.
Il 3 novembre del 2000 ebbi questa straordinaria opportunità di presentare ai miei studenti il fondatore della Moderna Teoria della Finanza Aziendale, la disciplina che stavano studiando. Era anche la prima e unica volta che la mia Facoltà ospitava un premio Nobel per l’Economia. Furono collegate in video conferenza cinque aule per dare a tutti gli studenti interessati la possibilità di ascoltarlo. Fui molto colpito dal caloroso ed emozionante applauso che gli studenti gli tributarono nel momento del suo ingresso nell’atrio della Facoltà. Appariva ancora più anziano rispetto ai suoi 82 anni (morì tre anni dopo). Aveva un passo malfermo al punto che dovetti sostenerlo nel condurlo nell’Aula dei Congressi. Con un filo di voce, senza mai perdere il filo del discorso, tenne una lucidissima lezione che catturò l’attenzione degli studenti. Fu anche molto apprezzata la sua intelligente ironia capace di suscitare simpatia e applausi.
L’audio della lezione fu registrato da Radio Radicale ed è disponibile a questo indirizzo:
https://www.radioradicale.it/scheda/134475/lezione-di-franco-modigliani-organizzata-dalla-facolta-di-economia-delluniversita
A chi volesse ascoltarla consiglio di evitare i saluti introduttivi del Preside e del Rettore per andare direttamente al minuto 07:26 all’inizio della mia presentazione che termina al minuto 15:51 con l’inizio della lezione di Modigliani.
A conclusione di questo ricordo, uno dei momenti più belli della mia attività accademica, voglio aggiungere anche un altro ricordo di carattere molto più personale. Dieci giorni dopo la lezione ricevetti una telefonata dagli Stati Uniti: “Pronto, sono Serena Modigliani, la moglie di Franco. Caro professore, desidero ringraziarla per il suo graditissimo pensiero che – come lei mi ha scritto – ha risparmiato a Franco il mio rimprovero“. Cosa era successo ? Durante il viaggio in macchina da Milano a Parma, Modigliani mi confidò il suo rammarico per non avere il tempo utile per soddisfare una richiesta di sua moglie che gli aveva raccomandato di acquistare il panettone. Aveva l’areo per il ritorno negli Stati Uniti la sera stessa e non gli sarebbe stato possibile fare l’acquisto. Il giorno successivo inviai alla Signora Serena un pacco postale con tre panettoni accompagnato da una lettera con la quale mi assumevo la responsabilità del mancato acquisto e mi proponevo di scagionare suo marito.