L’EUROPEISTA-A-PRESCINDERE

Vi è mai capitato di parlare dell’euro e dell’Unione Europea con persone che, sul tema, non hanno alcuna conoscenza, non hanno mai letto un libro o un articolo, persone che ignorano perfino l’esistenza di una letteratura critica proposta da autori estremamente qualificati ? Se vi è capitato, avrete sicuramente potuto constatare che l’ignoranza può generare molta più fiducia in se stessi e nelle proprie convinzioni di quanto ne generi il sapere.

Li definisco “europeisti-a-prescindere”. Sono incorruttibili nella loro radicata convinzione che l’integrazione europea, così come è in corso di realizzazione, sia il migliore dei mondi possibili. Non stanno nemmeno ad ascoltare ragioni diverse che, comunque, non potrebbero mai mettere in dubbio le loro certezze. Di più, considerano l’interlocutore critico come individuo abietto che si contrappone al buon senso comune, ai valori condivisi dalla maggioranza, che si auto-posiziona ai margini del contesto sociale, un eretico, magari anche animato da chissà quali secondi fini. La fonte delle loro argomentazioni è il “sentito dire” e si fanno forti dell’effetto gregge che alimenta la certezza di essere dalla parte giusta. Essere nella pancia del gregge dà sicurezza e la sicurezza dispensa dal porsi domande scomode in merito a chi sia il pastore e dove stia conducendo il gregge. L’europeista-a-prescindere si affida ciecamente al pastore e al gregge; si affida proprio nel senso etimologico della parola: ha fede, è animato da un sentimento religioso. Se vi capita di ascoltarlo, lasciate perdere: non lo spostereste di un centimetro e rischiereste di compromettere una relazione.

Scrive Carlo Caracciolo, fondatore e direttore di “Limes”, la più autorevole rivista italiana di geopolitica, (La Stampa, La pace è finita, 16.11.2022): << L’idea d’Europa è immortale. Perché perfettamente irrealistica. Utopia intonsa, puro postulato. Congettura inconfutabile: impossibile calarla dal cielo delle idee alla terra della storia … la forza di ogni utopia sta nel restar tale. Non mettendosi alla prova o rifiutandone gli esiti, resta articolo di fede … l’europeismo ideale è indifferente alle miserie dell’europeismo reale … il fascino dell’incompiuto supera quello di qualsiasi progetto “realizzato” … l’imperfezione esalta l’assoluta astratta perfezione, non compromessa dall’impatto con luoghi e calendari umanidell’Europa non si può dubitare. E’ tabù >>.

Quando penso all’europeista-a-prescindere mi viene in mente il giornalista della RAI che, con la sconfortante domanda rivolta all’interlocutore nel video seguente, mette in evidenza la sua totale incompetenza sull’argomento. Dimostra di essere al livello zero della conoscenza dei problemi dell’Eurozona. Al livello zero si ignora completamente la dimensione della complessità: tutto è semplice, quasi banale: “l’euro ce l’ha anche la Germania, è la stessa moneta che abbiamo anche noi, ma la Germania è ricca, ergo non può essere l’euro la spiegazione dei nostri guai“. Al livello zero non c’è spazio per il dubbio. C’è la sicumera di chi crede di navigare con il favore del vento della storia. Ci sono solo certezze. Soprattutto la certezza di essere dalla parte giusta, certezza che autorizza atteggiamenti di tracotanza e di malcelato livore nei confronti di coloro che pongono la questione in termini problematici e quindi stanno dalla parte sbagliata.

Il tema dell’euro e dell’UE, essendo per molti oggetto di fede, porta ad esasperare un fenomeno più generale noto in psicologia con la denominazione di effetto Dunning Kruger, dal nome degli studiosi che ne hanno fornito dimostrazione attraverso una serie di esperimenti (qui). I risultati degli esperimenti furono pubblicati nel 1999 nello studio intitolato “Incompetenti ed inconsapevoli di esserlo: come la difficoltà nel riconoscere la propria incompetenza porta ad autovalutazioni non veritiere”.

Si tratta della distorsione cognitiva che porta l’incompetente in una certa materia a sovrastimare la fondatezza delle proprie convinzioni proprio perchè, avendo una scarsa conoscenza del problema, è portato a non comprenderne la complessità, a banalizzare le implicazioni e, quindi, è portato a percepire la propria competenza molto al di sopra del reale grado di conoscenza acquisito. Insomma, chi ignora un certo tema non percepisce fino in fondo il grado della sua ignoranza: è ignorante e, in più, ignora di esserlo. Al contrario, accade che i competenti non percepiscano appieno il divario di conoscenza rispetto a chi ignora e siano portati a sottostimare la propria competenza. Non conoscendo il grado di competenza che hanno gli interlocutori, sono portati a sovrastimarlo e pertanto non percepiscono appieno il proprio più elevato grado di conoscenza. Anche perchè, normalmente, chi ha conoscenza sa anche di non sapere ed è animato dal dubbio.

Lo schema seguente (che ho rielaborato da uno scritto di Riccardo Puglisi (qui) fornisce una rappresentazione grafica dell’effetto Dunning Kruger.

Il grafico si propone di evidenziare, in termini elementari, quanto dimostrato dai due ricercatori e cioè che la relazione tra la conoscenza che abbiamo di una materia e la percezione che abbiamo della nostra conoscenza (linea rossa) è in realtà normalmente discosta rispetto al rapporto equilibrato tra le due variabili (linea blu). In particolare, anche a livelli di conoscenza molto modesti, o addirittura nulli, siamo portati a sovrastimare la nostra competenza e, forti delle nostre convinzioni, non abbiamo remore nel confrontarci con chi ha maturato elevati gradi di quella conoscenza di cui noi, invece, difettiamo. Capita spesso che le persone meno competenti, in una qualsiasi materia, pensino di saperne molto di più di quanto in realtà sanno e, non riconoscendo la complessità e le implicazioni della materia, non possono comprendere che altri possano avere una maggiore competenza. Al contrario, coloro che hanno maturato conoscenze approfondite, avendo acquisito strumenti concettuali utili per ridurre la complessità e per rendere agevole la comprensione, sono portati a pensare che la stessa comprensione sia agevole, come per loro, anche per gli altri e tendono a non dare il giusto valore alle proprie competenze ritenendole non così distanti da quelle che loro stessi attribuiscono ai loro interlocutori.

I due ricercatori giunsero alla conclusione che << quando le persone sono incompetenti in un certo campo, sono schiacciate da un doppio peso: non solo giungono a conclusioni errate, ma la loro stessa incompetenza gli impedisce di rendersene conto e hanno l’illusione di destreggiarsi egregiamente >>. E’ opportuno sottolineare che tutti noi potremmo essere vittime di una percezione distorta ed illusoria delle nostre competenze. Tuttavia è possibile evitare di cadere nella stessa sindrome dell’europeista-a-prescindere. Innanzitutto è necessario acquisire consapevolezza dell’esistenza di questo pregiudizio cognitivo e, conseguentemente, maturare una sistematica apertura al dubbio e, soprattutto, è necessario evitare di volere imporre il proprio punto di vista e, piuttosto, occorre predisporsi alla disponibilità a comprendere quello degli altri.

E’ anche necessario riconoscere che ci sono persone in grado, con un anticipo di molti anni, di vedere in prospettiva l’esito di scelte che, per altri, sarà evidente soltanto molti anni dopo. Non si tratta necessariamente di persone più dotate, con un quoziente intellettuale più alto. Sono più intelligenti nel senso strettamente etimologico della parola. Sono persone in grado di intus legere semplicemente perché, sul tema specifico, hanno un vantaggio culturale legato alla propria professione e alla propria specializzazione.

Concludo con una metafora. A bordo di un transatlantico che trasporta emigranti in cerca di lavoro negli Stati Uniti, in mezzo all’oceano, un passeggero scende di corsa verso il fondo della nave, ben al disotto del livello del mare. Deve avvertire un compagno di viaggio che dorme tranquillo nella sua cuccetta: << svegliati, siamo nei guai! la nave ha urtato un iceberg; sta imbarcando acqua nella stiva e nella sala macchine, uno dei motori è in avaria e l’altro non durerà molto ; molti passeggeri si stanno avvicinando alle scialuppe >>. Raggelante la risposta dell’amico: << che mi importa della nave, non è mica mia ! non mi importa se va con un solo motore a me basta che mi porti in America dove tutti hanno un lavoro ben pagato, tutti stanno bene, sono rispettati e sono felici; e adesso lasciami dormire e non fare tutti questi discorsi disfattisti >>. La storiella è tratta, con modifiche, da un famoso discorso di Piero Calamandrei agli studenti dell’Università Statale di Milano.

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