OPINIONI DAL WEB

§ (21.05.2023) A volte si confondono gli EFFETTI con le CAUSE: Sergio Giraldo spiega molto bene che il caro affitti per gli studenti universitari non è la CAUSA del loro disagio, ma è un EFFETTO; la vera CAUSA deve essere ricercata nella mancata crescita dei redditi familiari da lavoro subordinato. E perché questi non sono cresciuti? Ottima spiegazione di Giraldo:

Cari universitari sotto le tende, vi spiego perché è sbagliato parlare di caro-affitti

21 Maggio 2023

di Sergio Giraldo

I ragazzi in tenda segnalano un problema reale, che però non è quello del caro affitti, ma dello squilibrio rispetto ai livelli di salari e stipendi. L’approfondimento di Sergio Giraldo

 Cresce il numero di tende piantate dagli studenti davanti alle sedi delle università e cresce anche il numero di città universitarie in cui la protesta prende piede. Ormai sono una dozzina i centri urbani, piccoli e grandi, nei quali gli studenti fuori sede inscenano l’originale rimostranza contro il costo degli alloggi, lanciata dalla studentessa del Politecnico di Milano Ilaria Lamera.

Con l’allargarsi della mobilitazione c’è da sperare che questa non finisca condita da un piatto di nuove Sardine, che inneschino una deleteria deriva da scontro generazionale. I ragazzi in tenda segnalano infatti un problema reale, che però non è quello che loro stessi, molti media e certa politica si sono affrettati ad etichettare “caro affitti”.

IL VERO PROBLEMA DEGLI AFFITTI

Parlare di caro-affitti significa orientare la discussione puntando l’attenzione sulla casa e sui proprietari, che forse a un certo côté piace raffigurare come cinici arricchiti, impegnati ad accumulare con cupidigia lacere banconote. Una narrazione ispirata a Charles Dickens e puntata sull’enfatizzazione di una ipotetica causa (l’affitto “troppo alto”) che provoca un maligno effetto (l’impossibilità o l’estrema difficoltà di avere un’istruzione universitaria).

Peccato che questa descrizione ponga quale causa ciò che in realtà è un effetto. Il problema non è che gli affitti siano alti in assoluto, ma che siano alti rispetto ai livelli di salari e stipendi. Gli affitti delle case nelle città universitarie riflettono condizioni di mercato, il mercato del lavoro no. È da questa plateale asimmetria che nasce il problema. Il potere di acquisto di salari e stipendi è drammaticamente calato negli ultimi anni. Secondo l’Ocse l’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari annui medi tra il 1991 e il 2020 sono addirittura scesi in termini reali (del 3,5%): in Germania sono aumentati del 33%. Nel nostro paese, nel 2022, a fronte di una crescita nominale del 2,3% dei salari, la crescita più bassa di tutta l’Unione europea, l’inflazione è stata dell’8,1%. Il tracollo dei redditi reali spiega in buona parte perché oggi molte cose costino “troppo”. Abbiamo già parlato, qui, ad esempio, della salita dei prezzi medi delle automobili, che in pochi anni sono aumentati del 45%. Se lo stipendio di mamma e papà, entrambi lavoratori, non basta per mandare il figlio a studiare a Bologna c’è un problema di reddito, non di affitto.

Dunque, il problema è più ampio e non riguarda il caro (affitti) ma il calo (del potere di acquisto). Stretto fra inflazione, pressione fiscale e deflazione salariale indotta dalla rigidità della moneta unica, il potere d’acquisto degli italiani ha subito con il tempo un drammatico regresso. Di questo conto devono entrare a far parte anche i tagli della spesa pubblica sui servizi come la sanità, i trasporti collettivi, l’istruzione, che sono una forma di reddito per il cittadino, almeno fino a che costano meno del privato. Ad oggi, poi, ci sono 112 contratti collettivi nazionali scaduti ancora da rinnovare, con circa sette milioni di lavoratori interessati.

IL CONTRIBUTO DELL’AUSTERITÀ

Non può sfuggire a questa analisi, per quanto rapida, il fatto che non si siano fatti molti investimenti pubblici per via dell’austerità a cui questo paese è sottoposto da trent’anni. Tra il 1995 e il 2019 i conti pubblici italiani hanno sempre mostrato un avanzo primario (differenza tra entrate e uscite pubbliche misurata in percentuale sul Pil), a parte l’eccezione del 2009. Il patto di stabilità e crescita europeo, la cui riforma è in discussione a Bruxelles, è una camicia di forza depressiva per l’economia e regressiva fiscalmente. Quindi se, nonostante la legge n.338 del 2000 sull’edilizia residenziale per studenti, regioni e comuni non hanno sviluppato seri progetti è anche perché il patto di stabilità interno tra stato centrale ed enti locali (conseguenza di quello europeo) ha fortemente limitato, quando non impedito, la possibilità di fare investimenti. Adesso il PNRR mette a disposizione 300 milioni per gli alloggi per studenti: cioè l’Europa che ci proibiva di fare debiti per edilizia pubblica e per studenti ora, bontà sua, ce lo permette.

In tutto ciò, la sinistra ha buon gioco nell’invocare misure eccezionali, espropri, requisizioni e tetti agli affitti. Una suggestione, quest’ultima, a cui anche qualcuno nel centro destra sembra non essere alieno: c’è da sperare che l’esperienza dell’inutile price cap sul gas sia servita a capire che non ci potrebbe essere niente di peggio.

La sinistra offre soluzioni punitive della proprietà della casa, non solo per additare un facile bersaglio, ma soprattutto per nascondere il ruolo avuto in dieci degli ultimi dodici anni, in cui ha governato. La grande sottrazione sta lì: nel jobs act e nell’erosione del potere di acquisto conseguenza della cieca adesione al modello europeo, che frena la domanda interna, tiene bassi i salari e impone austerità nei conti pubblici. Il problema degli studenti fuori sede è in realtà un problema di potere d’acquisto di salari e stipendi e si risolve riequilibrando una bilancia che da troppo tempo è fuori scala.

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§ (20.05.2023) Sinistra e Riformismo oggi: eccellente inquadramento concettuale di Emanuele Felice. In poche parole, molto chiare, alla radice del problema. Tratto da Domani 20.05.2023.

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§ (29.06.21) SENTORI DI CAMBIAMENTO: dal “vincolo esterno” al “vincolo interno” ? Nell’UE non esiste un interesse europeo comune. Nella dialettica interna agli organi comunitari si confrontano e si scontrano interessi esclusivamente nazionali. Fino ad ora l’Italia, in un’evidente condizione di debolezza contrattuale, ha spesso giustificato l’adesione a provvedimenti contrari all’interesse nazionale attribuendo agli stessi il marchio di un superiore interesse comunitario.

  • Matteo Renzi (27.06.2016): ‘Nostre battaglie in Ue non erano per l’interesse dell’Italia, ma perché ritenevamo fossero interesse dell’Europa’.
  • Mario Draghi (19.03.21): “Bisogna essere pratici, si cerca di stare insieme, ma qui si tratta della salute. Se il coordinamento europeo funziona bisogna seguirlo, se non funziona bisogna andare per conto proprio”.
  • Mario Draghi (25.06.21): “Non è stato raggiunto nessun accordo sull’unione bancaria ed è meglio che non ci sia se deve essere in termini per noi inaccettabili”.
  • Angelo De Mattia (26.0621): ” … Occorre, però, fare un grande sforzo ed espungere dai ragionamenti la sottolineatura del fatto che si compie una determinata iniziativa , si approva una certa legge perché l’Europa ce lo richiede. Il primo criterio di valutazione di innovazioni di qualsiasi tipo dovrebbe essere la verifica se queste rispondono o no agli interessi del Paese, da realizzare, dunque, anche se non esistesse l’Unione. Il vincolo deve essere interno.

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§ (22.06.21) Ho rimarcato qui la drammaticità del problema demografico e ho indicato nello stesso post l’urgenza di invertire la decrescita della natalità attraverso opportuni incentivi. Si tratta di un’esigenza prioritaria per fermare una deriva che sta ipotecando il futuro dell’Italia. E’ sorprendente che i media ignorino il problema. Da non perdere il dibattito promosso da NowAssociazione

https://www.youtube.com/watch?v=tSEOD4un5aQ

con la partecipazione di Giancarlo Blangiardo, Lorenzo Fontana e Alberto Bagnai.

Blangiardo, Presidente dell’ISTAT, ha quantificato il fenomeno in chiave storica e prospettica, ha messo a fuoco le conseguenze per l’economia italiana ed ha indicato quanto è necessario fare per invertire la tendenza. Bagnai ha ragionato sulle cause ed ha presentato una rassegna di letteratura che mette in relazione la precarietà e l’incertezza delle posizioni lavorative con la decisione di mettere al mondo dei figli. Risalendo all’origine, si trova la madre di tutti i problemi: la sostituzione della svalutazione esterna con la svalutazione interna. Fontana, già Ministro per la famiglia, ha richiamato cause che vanno oltre gli aspetti economici e investono problematiche di carattere ideologico e sociologico che vedono nella famiglia un problema piuttosto che una risorsa. Tre relazioni di assoluto rilievo.

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§ (18.05.21) Il NGEU in poche parole: il debito è nostro e noi dovremo rimborsarlo, ma i soldi non sono nostri; sono della Commissione. La decisione sull’utilizzo dei fondi non compete a noi ma alla Commissione: dobbiamo fare quanto ci viene indicato. Al di là degli aspetti formali, il Parlamento è svuotato delle sue prerogative sostanziali che, di fatto, sono trasferite ad organi tecnocratici a Bruxelles. Se non facciamo quanto indicato o non lo facciamo nei tempi che ci siamo impegnati a rispettare, i soldi non verranno versati. E’ come se una banca pretendesse, erogando un prestito, di imporre al Consiglio di Amministrazione dell’impresa affidata di spendere i soldi nei modi e nei tempi da essa stessa stabiliti.

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§ (11.05.21) Il Ministro Cartabia dice in poche parole cos’è il VINCOLO ESTERNO e qual è la VERA FUNZIONE del NGEU. E’ lo stesso meccanismo della TROIKA, del MES e delle OMT: risorse finanziarie in cambio di riforme, o meglio controriforme rispetto alle conquiste sociali che hanno caratterizzato il trentennio successivo alla seconda guerra mondiale (NB: fare le riforme strutturali “suggerite” dalla Commissione significa allontanarci sempre più dal modello di società prefigurato dalla nostra Costituzione per aderire al modello neoliberale codificato dai Trattati europei). Il vero obiettivo è il consolidamento del vincolo esterno per i prossimi anni.

Nel caso della quota “grant” del Recovery Fund, il meccanismo è diabolico perché in massima parte si tratta di soldi nostri (contributi al bilancio UE e nuove imposte che dovremo versare per consentire il rimborso dei prestiti acquisiti dall’UE). In altre parole, l’UE ci anticipa soldi nostri che dovremo versare. Ma c’è di più ed è paradossale: noi saremo obbligati a versare le nostre quote anche se la Commissione dovesse decidere, in futuro, di non erogare i fondi nel caso non rispettassimo le condizioni che ci ha indicato e verificasse che non rispettiamo tempi e risultati per i quali ci siamo impegnati nel PNRR.

Ora Basta@giuslit: vorrei capire cosa impedisca all’Italia, che quest’anno emetterà titoli per 600 miliardi, di emetterne altri 30 all’anno fino al ‘26 per finanziare investimenti decisi da noi e senza controlli della #UE. Qualcuno sa già che perderemo l’accesso ai mercati? Altrimenti non capisco. Ecco, ci sono. Credo di aver capito perché non abbiamo preso il #Mes: 36 miliardi erano pochi per incaprettare il Paese e qualcuno avrebbe potuto opporsi. Ora davanti a 191 miliardi del #recoveryfund chi si oppone passa subito per pazzo e viene isolato.

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§ (22.04.21) Ai circa 190 miliardi finanziati dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF, il cuore del Next Generation UE) si aggiungono 30 miliardi finanziati con un fondo nazionale in deficit alimentato dall’emissione di titoli sul mercato. Il documento del governo evidenzia che, tra le due modalità di finanziamento, “l’unica differenza rilevante è l’assenza di obbligo di rendicontazione a Bruxelles e possibilità di scadenze più lunghe rispetto al 2026”. A noi questa pare una differenza molto rilevante. (G. Liturri, Start Magazine 22.04.21)

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§ (21.04.21) Basta con questa storia del debito pubblico pro capite “neonati compresi”!

I fenomeni economici hanno due facce: un’esportazione è anche un’importazione, un deficit di qualcuno è un surplus di qualcun’altro, un acquisto è anche una vendita, il DEBITO pubblico è CREDITO privato e per 2/3 circa i creditori sono italiani.

Domanda: i miei figli saranno chiamati a pagare il debito pubblico (il macigno che grava sulle loro spalle!) che la mia generazione ha aumentato? Supponiamo che, in futuro, lo Stato decida di ridurre il debito e, perciò, aumenterà le imposte (a carico dei miei figli) per estinguere parte dei titoli emessi in passato e sottoscritti dalla mia generazione. Le conseguenze per i miei figli saranno pari a zero: da un lato, avranno un’uscita (es. 100) per nuove imposte e, dall’altro, avranno entrate (per lo stesso importo pari a 100) a rimborso dei titoli di stato che avranno ricevuto in eredità da me.

Si potrebbe obiettare che se io non avessi sottoscritto i titoli di stato i miei figli avrebbero ereditato 100, lo Stato non si sarebbe indebitato e loro non avrebbero pagato nuove imposte. Bene, ma i 100 che ho versato allo Stato non sono finiti nell’iceneritore: i miei figli ne hanno beneficiato in opere e servizi pubblici. Senza contare che io avevo trovato conveniente acquistare BPT perchè volevo fare l’investimento meno rischioso a tutela del patrimonio da lasciare ai miei figli. Ogni investimento alternativo sarebbe stato più rischioso e avrebbe potuto comportare la perdita di una parte del patrimonio.

Comunque, l’ipotesi che lo Stato decida di ridurre il debito ricorrendo a nuove imposte è un’ipotesi da ultima spiaggia. Il problema non è dato dal debito in valore assoluto, ma dal debito in rapporto al PIL. E’ la crescita del PIL che riduce il peso del debito non il rimborso dei titoli in scadenza che, in realtà, vengono interamente rinnovati.

Vi ricordate quanto era arrabbiato vostro nonno quando ha dovuto rimborsare il debito pubblico contratto ai tempi del vostro bisnonno? Vi ricordate quanto era arrabbiato vostro padre quando ha dovuto rimborsare il debito pubblico contratto ai tempi di vostro nonno? Perché non lo ricordate? Semplicemente perché non è avvenuto. Però, invece, ci dicono che i nostri figli dovranno arrabbiarsi. Perchè soltanto loro? e non noi, i nostri padri e i nostri nonni?

Tutto questo non vuol dire che non ci sono limiti al debito. I limiti ci sono. La spiegazione andrebbe ben oltre questo appunto che ha soltanto lo scopo di riflettere su quanto sia privo di significato dividere il debito pubblico per il numero degli italiani (neonati compresi) per fare un titolo privo di senso come quello sopra riportato.

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§ (14.04.2021)In America la spesa pubblica in deficit durante la pandemia è stata almeno doppia di quella nelle nazioni europee e si è trasformata in sostegni sostanziali ad imprese e famiglie. L’Amministrazione Biden ha lanciato un programma di spesa modernizzante in deficit di entità 2,5 volte superiore al Recovery Fund dell’Ue ancora in contrastata approvazione. 

La politica tende a giustificare l’esito negativo di tale comparazione dichiarando che l’America è uno Stato vero e in piena sovranità monetaria mentre l’Ue non lo è. Viste le migliaia di morti personali ed economiche a causa dell’incompletezza europea appare razionale scrivere che o l’Ue si completa oppure si lascino liberi gli Stati di tutelare i loro cittadini e imprese”. (Carlo Pelanda)

https://www.ilsussidiario.net/news/gli-usa-ci-mettono-a-nudo-o-lue-si-completa-oppure-si-lascino-liberi-gli-stati/2155377/ 

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§ Sembrava il gioco delle sedie musicali. Vecchio gioco da ragazzini, ma nobilitato addirittura da Keynes nella Teoria Generale.

ursula von der leyen lasciata senza poltrona da erdogan e michel 1

Lo facevo 55 anni fa con i miei amici e le mie amiche: n persone, n-1 sedie. Partiva la musica e si ballava. Finita la musica, tutti a sedere; tranne uno.

ursula von der leyen lasciata senza poltrona da erdogan e michel 2

Non si discute, la penitenza tocca a chi è rimasto in piedi. Tocca alla Von der Leyen!

Il gioco delle sedie musicali fu utilizzato da Keynes (Teoria Generale cap. 12) come metafora per descrivere il funzionamento della borsa e per confutare l’ida che il mercato sia capace di allocare le risorse in modo ottimale attraverso la funzione segnaletica dei prezzi. L’investitore razionale non compra i titoli dell’impresa che, secondo le sue valutazioni, sarà in grado di produrre, nel corso di un lungo periodo di anni, un flusso di redditi che giustifichi una crescita del prezzo rispetto all’attuale quotazione. Comprerà, invece, il titolo che secondo le sue aspettative anche altri compreranno, facendo così salire il prezzo, sulla base di informazioni immediate e sulla base, a loro volta, delle aspettative che avranno in merito al comportamento di altri investitori. L’aspettativa si autorealizza finchè agli acquisti iniziali fanno seguito ulteriori scommesse al rialzo. Quando cessa il flusso di nuovi scommettitori il prezzo inizia a scendere e, di solito, lo fa molto più rapidamente rispetto alla velocità con la quale era cresciuto. Finchè c’è musica si deve ballare, ma pronti a sedersi appena smette; chi resta in piedi subisce la penitenza.

Nello stesso capitolo, Keynes scrisse anche: “quando l’accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male“.

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§ Conversazione di questa mattina (8 aprile 2021)

Io: il 6 aprile a Porta a Porta hanno intervistato un siciliano proprietario di un ristorante a Manhattan. Dopo mesi di chiusura ha finalmente potuto riaprire. Come ha fatto a resistere? All’inizio della pandemia, dopo due settimane dalla chiusura, ha ricevuto dallo Stato 200.000 dollari. Dopo sei mesi ne ha ricevuti altri 200.000. Così ha potuto pagare l’affitto e gli stipendi ai dipendenti per tutto il periodo di chiusura

Lui: lo Stato italiano non ha tutti questi soldi

Io: neanche lo Stato di New York li ha. I soldi li ha dati lo Stato Federale. Il confronto non lo dovresti fare con lo Stato italiano ma, per quanto possibile, con l’Unione Europea

Lui: e lo Stato federale dove li ha presi?

Io: ha fatto debiti; ha emesso titoli che sono stati comprati dalla banca centrale e dagli investitori

Lui: ho letto che anche l’Unione Europea ci fa arrivare una pioggia di miliardi

Io: beh, è una storia un po’ diversa; in realtà il programma (NGEU) prevede che i soldi siano dati a rate ai singoli paesi dopo aver verificato che stiano realizzando, secondo gli stati di avanzamento prestabiliti, i programmi che essa stessa ha indicato, il così detto Recovery Plan. Niente risultati, niente soldi. Gli importi ricevuti dovranno poi essere restituiti dagli Stati in parallelo con la scadenza delle obbligazioni emesse. Per ora nessuna pioggia; siccità assoluta. E quando arriverà sarà una pioggerellina in confronto alla bomba di liquidità caduta sulle famiglie e sulle imprese americane senza indugi, senza condizioni e senza vincolo di restituzione; tutta un’altra storia. Anche il cugino del siciliano di Manhattan ha un ristorante; lui ce l’ha a Palermo. Anche per lui la storia è molto diversa rispetto a quella del cugino americano.

La diversa storia è raccontata in questo grafico del Fondo Monetario Internazionale. Il grafico riporta le misure anti COVID-19, in percentuale del PIL 2020, che hanno gravato sui bilanci pubblici (spesa aggiuntiva reale e rinuncia alla riscossione di entrate).

Immagine

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§ Come lo era per molti miei studenti, credo che anche per la maggior parte delle persone sia qualcosa di misterioso la modalità di immissione della moneta nel sistema economico da parte della banca centrale. I giornali amano parlare di “creazione dal nulla” e non aiutano certo a capire. Tanto meno quando scrivono che le banche centrali fanno girare le macchine stampa soldi.

Non c’è alcuna creazione dal nulla e la stampa di banconote ha una rilevanza marginale.

Le banche centrali emettono moneta quando comprano (titoli e valute) e quando prestano (alle banche e agli Stati); quindi non dal nulla: se non comprano o non prestano non emettono moneta. Possono comprare valute di altri paesi o titoli e possono prestare moneta alle banche e agli Stati.

In tutti i casi contabilizzano le operazioni con scritture nell’attivo di bilancio (aumento delle riserve ufficiali, o della disponibilità di titoli o aumento dei crediti verso le banche) ed effettuano contrapposte scritture nel passivo (incremento dei conti bancari sui quali è accreditata la disponibilità di moneta; disponibilità sul conto di tesoreria dello Stato).

Le banche possono poi utilizzare una parte (in realtà molto modesta in percentuale) di questa disponibilità per richiedere banconote secondo le preferenze manifestate dai loro clienti per i pagamenti in contanti. Ancora, anche in questo caso, vengono effettuate due scritture contabili; questa volta entrambe nel passivo: addebito del conto detenuto dalla banca e aumento della posta denominata “circolante”.

Niente di misterioso, nessuna creazione dal nulla.

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§ Le folli direttive della Commissione Europea su come comprare e distribuire vaccini, e adesso, come organizzare il rilancio delle economie, ci insegnano che Il genio degli Europei era generato dalla concorrenza fra i popoli. Ora non piu’: c’e la mediocrita’ burocratica amalgamata (Edward Luttvak)

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§ C’è ampia concordanza tra gli economisti sull’origine temporale del grave declino economico dell’Italia, come d’altra parte è evidenziato dai dati sull’andamento del reddito pro capite che inizia a declinare, a confronto con i principali paesi europei, dalla metà degli anni ’90. Non c’è invece concordanza sulle cause.

Ma, al di là delle cause, è evidente una sorta di diffusa rassegnazione, quasi si trattasse di un fenomeno naturale o di un amaro ineluttabile destino. Sarebbe già un primo importante passo avanti se maturasse la consapevolezza che, a monte di questo fenomeno, unico per intensità e durata nella storia economica dei paesi sviluppati, ci sono delle cause sulle quali si può e si deve discutere. Si dovrebbe pretendere spiegazioni dalla politica. Chi ci governa dovrebbe essere chiamato ad esprimersi, a dare la sua interpretazione e a presentare le terapie che ritiene coerenti.

Su questo tema c’è un silenzio mediatico inaccettabile; il dibattito è confinato in riviste e siti specialistici; dovrebbe invece avere la massima accessibilità e pervasività. Cosa si dovrebbe fare? Come prima cosa, ci sarebbe bisogno di qualcuno capace di dare la sveglia, capace di gridare e di farsi ascoltare, qualcuno che urli <<sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più>>. Sarebbe un buon inizio. QUI

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… parole esagerate, ma molto gradite; grazie agli amici de La Radice https://www.facebook.com/LaRadiceParma

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§ … ringrazio Luigi Alfieri, giornalista e scrittore, per aver voluto fare pubblicità al mio blog

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§ Però, che ingrati che siamo! Il MES ci aveva offerto un sacco di soldi per rimettere in piedi la sanità dopo che l’avevamo messa in ginocchio non per cattiva volontà nostra, ma in applicazione delle raccomandazioni della Commissione e delle regole del Fiscal Compact.

Secondo un report della Fondazione Gimbe negli ultimi 10 anni sono stati sottratti 37 miliardi alla crescita del finanziamento del Sistema Sanitario, crescita che sarebbe stata necessaria per mentenere, non per aumentare, la qualità dei servizi. E noi, non solo abbiamo rifiutato 36 miliardi! ma del MES non parliamo nemmeno più. Ce ne siamo dimenticati; non una riga sui giornali. Eppure, tutti ricordiamo che ci veniva spiegato ogni giorno quanto fosse importante, salvifico e anche conveniente il finanziamento da parte del MES: soltanto gli ottusi sovranisti non riuscivano a capire quanto fosse folle rifiutare tanta generosità. Non lo hanno capito neppure altri 17 paesi dell’eurozona (sono 19 i paesi che hanno sottoscritto il trattato istitutivo del MES) nessuno dei quali ha fatto ricorso alla linea di credito sanitaria del MES; non c’è più religione.

E adesso? Neanche un po’ di solidarietà per i dipendenti del MES che sono rimasti senza lavoro? L’ultima volta che hanno potuto lavorare è stato con la Grecia, un sacco di lavoro. Poi più niente. Pensate 160 persone, come certificato dall’Osservatorio sui conti pubblici di Cottarelli (Galli 06.11.2019), praticamente disoccupate; ma non senza stipendio! Ho consultato l’ultimo bilancio: staff costs 32.907.000 euro che diviso 160 fanno 205.794 pro capite e ho motivo di ritenere che siano anche esenti da imposte. Mi resta una curiosità: ma cosa fanno tutto il giorno? come passano il tempo?

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§ Il Governo inglese finanzia il deficit indebitandosi con la sua banca centrale: come farà lo Stato inglese a rimborsare tutto quel debito contratto con lo Stato inglese?

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§ Si dice che dobbiamo fare le riforme. Le riforme le abbiamo fatte nei trent’anni gloriosi del secondo dopo guerra e sono state grandi conquiste che hanno fatto avanzare i diritti sociali e le condizioni dei lavoratori riducendo le disuguaglianze. Penso allo statuto dei lavoratori, al sistema sanitario nazionale, alle norme a tutela delle persone sui luoghi di lavoro, alle pensioni.

Quello che oggi ci chiedono di fare è di smantellare quelle riforme.

Allora chiamiamole almeno con il loro nome corretto: si chiamano controriforme.

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