L’Europa cambi passo e cambi rotta

Gazzetta di Parma, 30 luglio 2016

L’Europa cambi passo e cambi rotta

Che significato attribuire alla Brexit? ricorda la morte del canarino che i minatori si portavano appresso come segnalatore della presenza di grisou al fine di prevenire luttuose esplosioni all’interno delle miniere di carbone.

Il canarino è morto. L’esplosione sta arrivando. Necessitano immediate drastiche contromisure. Secondo molti commentatori stiamo assistendo ai prodromi della dissoluzione dell’Europa. Non quella di Ventotene, che molti ancora oggi vorrebbero vedere realizzata. Quella di Bruxelles e di Francoforte. Quella delle élite (auto-proclamatesi illuminate) che hanno restaurato nella società e nell’economia i vecchi e infausti postulati del liberismo economico (e dell’ordoliberismo tedesco contrabbandato sotto la meno truce etichetta di “economia sociale di mercato”) in antitesi ai principi fondativi dello Stato sociale prefigurato dalle Costituzioni democratiche del dopo-guerra.

Quell’Europa che ha posto gli interessi del capitale davanti ai diritti delle persone. Quella che considera il lavoro una merce (con un prezzo flessibile – al ribasso – determinato dalla domanda e dall’offerta) e non un diritto/dovere da tutelare in quanto capace di “ungere di dignità la persona umana” (Papa Francesco). Quella che ha posto l’imperativo delle “regole stupide” (Romano Prodi) in sostituzione dell’opera di mediazione sociale che compete alla politica. Quella che prevede il governo di non eletti (il potere senza responsabilità della Commissione) dopo aver svuotato le sovranità nazionali (ai cui Governi rimane responsabilità senza potere).  

La storia lo insegna: le istituzioni disfunzionali sono destinate al disfacimento. Sono caduti il gold standard, il dollar standard, si sono dissolte l’Unione Sovietica (chi lo avrebbe mai detto ?) e la Jugoslavia. Anche questa Europa sembra destinata alla dissoluzione. Quando? come? certus an incertus quando, direbbe il giurista. Crollerà sotto le indicazioni, o sotto la semplice minaccia, del voto degli elettori che imporrà ai governi nazionali di infrangere le regole dei Trattati e le prescrizioni della Commissione se non vorranno cedere le poltrone.

Illuminanti le parole di Romano Prodi: << ci siamo illusi che la gente si rassegnasse a un welfare smontato a piccole dosi, un ticket in più, un asilo in meno, una coda più lunga… Ma alla fine la mancanza di tutela nel bisogno scatena un fortissimo senso di ingiustizia e paura che porta verso forze capaci di predicare un generico cambiamento radicale>>.

Sta già avvenendo: le regole previste dai Trattati non sono rispettate dalla Spagna, dalla Francia, dal Portogallo, dall’Italia, per non parlare della Grecia. E la Commissione che fa? adesso abbozza, come peraltro ha sempre fatto con la Germania, primo evasore seriale delle regole europee (prima quelle sul deficit di bilancio nel 2003 e, poi, sistematicamente, quelle sul saldo di bilancia dei pagamenti). Ma si può salvare l’UE, nella continuità, chiudendo gli occhi e rinviando le sanzioni? in attesa di tornare a fare la voce grossa contro i Paesi più deboli? credo che l’Unione Europea possa essere salvata soltanto nella discontinuità. Facendo un passo in una nuova direzione, non un passo in avanti o un passo indietro nel vecchio tracciato.

Occorre prendere atto che siamo in mezzo al guado (e la corrente è forte) nel percorso verso uno Stato Federale europeo che nessuno dei ventisette Paesi vuole realmente. Sembra il viaggio verso una terra promessa immaginifica nel cui nome si giustificherebbero tutte le sofferenze che il viaggio comporta, quali la crisi economica indotta dall’euro e dalla leadership economica tedesca (condotta a proprio esclusivo vantaggio e a discapito dei paesi del sud europa), la disoccupazione, la deflazione, la crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito, il deficit di democrazia.

Prendiamo atto che questa è ancora l’Europa delle nazioni e che ogni Paese (a cominciare dalla Germania) cura solo ed esclusivamente i propri interessi nazionali. Usciamo allora dal tracciato della Federazione e pensiamo ad una Confederazione di Stati che conservano la propria sovranità (anche monetaria) e lavorano su un progetto di viaggio a più lunga distanza  (c’è voluto più di un secolo per fare gli Stati Uniti d’America) con l’obiettivo di creare – prima di tutto – un dèmos europeo, che ancora non esiste, partendo dall’istruzione e dalla cultura, attraverso l’unificazione dei percorsi scolastici e universitari, per arrivare gradualmente a regole comuni in altri campi (tutele sociali, regole del lavoro, disciplina societaria, fiscalità, esercito, moneta, ecc.). Si è pensato che la moneta comune fosse una scorciatoia. Non è stata una scorciatoia; è stato un errore.  Occorre una nuova rotta, quella indicata, fra gli altri, anche da Papa Francesco pochi giorni fa << il passo che deve fare l’Unione Europea per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici è un passo di creatività e di sana disunione: cioè dare più indipendenza, dare più libertà ai paesi dell’Unione>>.

 Si tratta di cambiare drasticamente passo e percorso: dall’integrazione (forzata) delle istituzioni all’integrazione (spontanea) dei popoli.  

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