Il MES smentisce i nemici della cancellazione del debito

<< L’Europa cancelli i debiti dei governi dovuti alla pandemia; non è accettabile che ricadano sui cittadini e sulle generazioni future. Si abbia la capacità di scelte forti, coraggiose >>. Quali reazioni ha suscitato l’esortazione di Sassoli ? Quali commenti avremmo dovuto aspettarci da italiani che abbiano a cuore gli interessi del loro Paese e dei loro concittadini?

Considerando anche l’autorevolezza della fonte, il presidente del parlamento europeo, i commentatori avrebbero dovuto dire: magari! Speriamo che si voglia veramente fare e che si possa neutralizzare un incremento del debito (e le sue conseguenze) che non è dipeso da scelte discrezionali del governo, ma dall’esigenza condivisa anche a Bruxelles di contrastare le conseguenze economiche della pandemia con straordinarie iniezioni di spesa pubblica. Avrebbero dovuto dire: mettiamo il nostro futuro al riparo da norme e regole, oggi obsolete e socialmente insostenibili, che ci siamo dati noi stessi trenta anni fa quando eravamo in un mondo molto diverso dall’attuale.

Non è andata così. E’ sorprendente, ma le reazioni prevalenti degli economisti italiani non lasciano campo all’innovazione, alla rottura del paradigma, alle scelte forti e coraggiose auspicate da Sassoli. Al contrario, sono finalizzate a chiudere il discorso, aprioristicamente e definitivamente, negandone la fattibilità sul piano tecnico e giuridico, senza se e senza ma.

Per di più, i commenti sono stati spesso piccati, talora irridenti, a volte perfino scomposti. Ci si deve domandare quanto anti-italiani bisogna essere per schierarsi con aggressività e con toni polemici, contro l’ipotesi della neutralizzazione del debito detenuto dalla banca centrale. Ipotesi che è stata denigrata come prospettiva demagogica, ipotesi strampalata che dovrebbe essere ignorata, al massimo derisa, bufala da evitare, cancellare la demagogia (Bini Smaghi); proposta inutile e dannosa, improvvida sortita (Penati, Domani, 03.12.2020); un’idiozia, ovviamente (Bottarelli); una proposta semplicemente insensata; la distruzione dell’euro è il vero scopo dei sostenitori della cancellazione ? (Valla e Pfister); gli economisti da bar si sono scatenati per brindare al nuovo eldorado (Gualtieri); la folle illusione di un falò (Monacelli), la narrazione fallace dei cancellazionisti, (Monacelli), proprio così “cancellazionisti”.

Alessandro Manzoni (Sulla morale cattolica, seconda parte) definiva questo atteggiamento << la tirannia di opinione che condanna chi la contraddice a passare per ignorante o per male intenzionato. Questa tirannia è come tutte le altre precipitosa, impaziente di ogni obiezione e di ogni esame, vaga di parlare, e nemica di ascoltare, e di dare spiegazioni; come tutte le altre, essa non vorrebbe dare campo alle risposte perché, come tutte le altre, è in dubbio di quella sua autorità che pure vorrebbe far riconoscere da tutti e fare ammettere come fondata sulla ragione senza lasciarla vagliare dal ragionamento >>.

Perché tanta acrimonia? Perché questa coralità nel delegittimare opinioni non condivise affermando l’impresentabilità degli argomenti e ricorrendo alla denigrazione di chi li propone? Perché ricorrere così scompostamente al “principio di autorità”? Forse che un’affermazione è più vera di un’affermazione alternativa semplicemente perché chi sostiene quest’ultima è meno autorevole? Il mezzuccio di delegittimare con l’irrisione idee non condivise, e chi le sostiene, non aggiunge credibilità ad argomentazioni che si vuole ammantare di verità assoluta e inconfutabile. Anzi, questo atteggiamento fa pensare all’esistenza di un “non detto” che si vuole difendere ad oltranza senza doverlo esplicitare; fa pensare all’inossidabile adesione ad idee che stanno “a monte” e che non si vogliono palesare.  E’molto raro sentire un economista o un politico che affermi di essere neo liberista o ordoliberista mentre con le sue stesse elaborazioni concettuali e con i fatti concludenti esprime la piena adesione a quelle ideologie. Scrive, a questo proposito, Carlo Galli << con la teologia politica si può scoprire la grande decisione originaria che c’è dietro ogni potere, che di solito le stesse forme del potere cancellano perché non la vogliono esibire (in cinque anni di parlamento non ho mai sentito la parola neoliberismo) >>.

Non entro nel merito delle argomentazioni proposte dagli anti “cancellazionisti”. Thomas Fazi e Marcello Spanò hanno confutato molto bene le loro tesi, punto per punto, con argomentazioni definitive. Dai loro esaurienti contributi mi limito a richiamare e a sottolineare la speciosità del termine “cancellazione” intenzionalmente e insistentemente abusato dal coro dei contrari all’auspicio di Sassoli che, in questo modo, mirano ad evocare già a priori, nel significato del termine, una connotazione di debolezza e di dubbia agibilità del progetto. In realtà non c’è nulla da cancellare. Sanno perfettamente i critici di Sassoli che sarebbe sufficiente – ed equivarrebbe alla cancellazione – l’auspicabile decisione degli organi di governo dell’Unione di non computare il debito pubblico detenuto dalla BCE, in tutto o in parte, ai fini del rispetto delle regole di finanza pubblica. E sarebbe sufficiente che la BCE considerasse il congelamento del debito in suo possesso come scelta necessaria ed esplicitata (e forse anche inevitabile) nell’ambito della propria politica di difesa dell’integrità dell’eurozona dalle minacce di disgregazione.

Vorrei invece evidenziare altri aspetti: da un lato, la parzialità delle analisi contrarie e, dall’altro, il “non detto” che nasconde, a ben vedere, una contraddizione macroscopica di cui dirò più avanti. Anzitutto è opportuno rilevare che il coro di argomentazioni contrarie è confinato esclusivamente nei profili di carattere tecnico. Nessuna indicazione sulla dimensione politica del problema. Eppure, se ci fosse la volontà politica, si potrebbe seguire la strada indicata da Sassoli e si potrebbe superare ogni argomentazione tecnica contraria. Ma questa dimensione del problema non viene affrontata. I commentatori citati se ne guardano bene. E’quindi evidente l’opposta volontà politica, rigorosamente non espressa, che sta dietro alle argomentazioni tecniche: la difesa ad oltranza dello status quo, a qualsiasi costo.

Lo ha chiarito molto bene Thomas Fazi definendolo il “trucco geniale” del neoliberismo: bandire la possibilità di qualsiasi idea alternativa ai propri principi combattendola non sul terreno delle idee, ma semplicemente sostenendo che non è tecnicamente fattibile. Si vuole precludere, in questo modo, ogni spazio dialettico a chi sostiene che il problema non sta nel fatto che la BCE cancelli il debito, ma nel fatto che i trattati lo impediscano. Quanto auspicato da Sassoli non è un’anomalia; è la normalità in ogni stato sovrano che consideri l’emissione della moneta parte integrante della propria sovranità e si indebiti nella propria moneta con la garanzia della propria banca centrale, la cui azione venga intesa come strumento della politica economica, strumento di quel governo dell’economia che dà effettività alla sovranità statuale stessa. E’anomalo l’ordinamento dell’eurozona; anomalo e fonte di debolezza strutturale del progetto di integrazione. Progetto che vacilla ad ogni crisi economica e impone, al fine di evitare la disgregazione, di smantellare via via, uno dopo l’altro, i propri caratteri costitutivi. E’ caduto il dogma che doveva impedire alla banca centrale di acquistare titoli dei debiti pubblici e di essere prestatore di ultima istanza degli stati; sono stati sospesi i vincoli alle scelte di finanza pubblica e agli aiuti di stato; sono caduti i dogmi del pareggio del bilancio dell’Unione, del debito comune e del sostegno finanziario reciproco tra stati. Cadrà anche il dogma che proibisce il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici?

I critici di Sassoli si guardano bene dal confrontarsi con la dimensione politica del problema. La negazione dell’agibilità tecnica li libera a priori dall’esigenza di doversi misurare sulle idee che stanno all’origine dell’ordine costituito in confronto alle alternative, cosiddette eterodosse. In questo modo, non c’è bisogno di argomentare, come si dovrebbe, che le idee alternative non sono auspicabili, non sono desiderabili e non reggono il confronto con le idee che stanno a monte dell’ordine costituito rispetto alle quali non devono esserci alternative praticabili. Non sono fattibili, punto e basta.

Ma c’è di più. Questo espediente libera anche da un’altra esigenza, quella di dover esplicitare e chiamare a confronto la soluzione ortodossa al problema del debito eccessivo che, si ribadisce, può essere considerato eccessivo soltanto nel contesto istituzionale dell’eurozona. Nulla dicono i critici a proposito delle soluzioni che l’Unione sta predisponendo: austerità e ristrutturazione del debito. Non viene proposto un confronto fra alternative per il semplice motivo che non devono esistere alternative a quella tracciata dai trattati. L’ordine esistente e codificato è intangibile, non deve nemmeno essere spiegato e giustificato. << E’ dimostrato, diceva [Pangloss], che le cose non possano essere altrimenti, perché essendo tutto volto a un fine, tutto è necessariamente per il meglio >>. E’sufficiente demolire aprioristicamente ogni idea che lo metta in discussione. Non è quindi necessario analizzare le conseguenze sociali delle modalità di contrasto al debito che deriveranno dall’applicazione delle regole vigenti. Ma cosa succederà se non sarà cancellato il debito detenuto dalla banca centrale?

La risposta a questa domanda toglie il velo, mette a nudo “il trucco geniale” e dà evidenza ad una macroscopica smentita delle tesi dei critici di Sassoli. Paradossalmente la smentita viene dallo stesso sistema che essi implicitamente e strenuamente vogliono difendere. Se non si cancellerà parte del debito pubblico che sta nell’attivo della banca centrale, si arriverà con ogni probabilità alla cancellazione dello stesso debito dai portafogli di tutti gli investitori (prevalentemente italiani) privati e istituzionali, BCE compresa.

I critici escludono l’agibilità della cancellazione a carico esclusivo della BCE (che potrebbe assorbirla senza danni collaterali), ma nel contempo evitano di considerare che la stessa cancellazione è codificata dal trattato che disciplina il MES ed avrebbe effetti devastanti. E’questo – la ristrutturazione del debito – l’esito che la riforma del MES ha apparecchiato. E’questa la soluzione (o la minaccia di soluzione) voluta dai nostri partner europei: disciplinare i paesi debitori con lo spettro dell’insolvenza di stato e il coinvolgimento degli investitori (bail in). E’questo il “non detto” e implicitamente auspicato dai censori di Sassoli.

C’è quindi un evidente corto circuito logico nella posizione degli anti “cancellazionisti”: essi escludono l’agibilità della “cancellazione eterodossa” ma sottacciono i ben più rilevanti e più estesi danni che sarebbero generati dalla “cancellazione ortodossa” che, paradossalmente, investirebbe anche la stessa banca centrale.

Non è vero che la cancellazione non è agibile; è agenda. Ed è probabile che presto lo potremo verificare a carico dei nostri risparmi.

articolo pubblicato su lafionda.org https://www.lafionda.org/2020/12/31/il-mes-smentisce-i-nemici-della-cancellazione-del-debito/

e su

sinistrainrete.info https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/19462-eugenio-pavarani-il-mes-smentisce-i-nemici-della-cancellazione-del-debito.html

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