Quelle favole fra Italia e Germania

EDITORIALE

Quelle favole tra Italia e Germania

di EUGENIO PAVARANI –

10 aprile 2020, 09:15

Qualche giorno fa Domenico Cacopardo ha raccontato ai lettori della “Gazzetta” la favola della cicala e della formica con l’obiettivo di fornire, per metafora, un’interpretazione dello scontro in atto tra gruppi di Paesi dell’area euro o, semplificando, tra Italia e Germania.

Mi ha fatto ricordare che qualche anno fa in una conferenza sullo stesso tema proposi come chiave di lettura un’altra favola di Esopo: la rana e lo scorpione. Stesso confronto tra Germania e Italia, ma tutta un’altra storia. Tutta un’altra morale. Non entro nel merito della scelta. Si potrebbe discutere se l’Italia si sia veramente comportata da cicala e se veramente la Germania possa essere assimilata alla formica. E credo anche che, allo stesso modo, si possa discutere se sia altrettanto pertinente ed esplicativa l’attribuzione dei ruoli della rana e dello scorpione. Si tratta, in fin dei conti, di espedienti dialettici per veicolare messaggi che riflettono idee e sensibilità soggettive. Ma non è questo il punto.

Il contributo di Cacopardo mi ha suscitato la curiosità di cercare nella stampa tedesca quale narrazione viene oggi proposta in Germania sullo stesso tema, quale favola viene raccontata.


Premetto che il tema della narrazione delle vicende economiche e delle conseguenze che ne possono derivare sul radicamento delle opinioni e sui concreti comportamenti delle persone è tutt’altro che banale ed, anzi, ha assunto una notevole rilevanza nella letteratura economica. Nel quadro del filone di ricerca sulla finanza comportamentale spiccano i contributi di Robert Shiller (Nobel nel 2013) ora sistematizzati nel suo libro Narrative Ecomics, che sarà disponibile nella traduzione italiana nelle prossime settimane.

Al fine di comprendere con anticipo i concreti comportamenti degli attori economici, sostiene Shiller, è importante monitorare le narrazioni che vengono proposte in merito alle vicende economiche. Per narrazione Shiller intende la capacità di raccontare storie e usarle per interpretare eventi, lanciando messaggi e fornendo una morale. Spesso si tratta di storie molto semplici e produttive di spiegazioni altrettanto semplici che vengono talora recepite sul piano emozionale anche in assenza di una base fattuale solida, anche se non corrispondono in tutto o in parte alla realtà. Accade talora che le narrazioni diventino virali e contagiose e che possano concorrere a consolidare opinioni e a determinare, in coerenza, comportamenti concreti diffusi.

 
Cosa si racconta in Germania? Sul quotidiano Die Welt del 3 aprile scorso Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, propone la seguente narrazione, che sintetizzo, molto indicativa di un’opinione che si va consolidando. Un gruppo di persone va al ristorante; al momento dell’ordinazione alcuni fanno scelte parsimoniose come farebbero se fossero soli, altri invece ordinano i piatti e i vini più costosi confidando che, alla fine, si farà alla romana dividendo la spesa in parti uguali.  Al momento del conto, ovviamente, i primi pretendono che ognuno paghi per sé e argomentano che questa è la regola stabilita e che non c’è stato nessun accordo preventivo per cambiarla. Sostengono anche che la regola è fondata su un principio razionale: se ognuno confidasse di scaricare parte del costo della sua ordinazione sugli altri, il conto risulterebbe alla fine elevatissimo e forse anche al di sopra della capacità di spesa di ognuno.


 Come ogni narrazione, anche questa, contiene mezze verità e una buona dose di forzature della realtà. E’ giusto richiamare gli accordi. E’ invece ingannevole dipingere l’Italia come Paese prodigo a spese degli altri. E’ vero che all’interno degli stati moderni si fa alla romana tra regioni ricche e regioni meno sviluppate in una logica di solidarietà che è il cemento dell’unità nazionale.

In Italia è diffusa la convinzione che ci stiamo muovendo in quella direzione lungo un percorso accidentato e complesso verso la terra promessa degli Stati Uniti d’Europa, meta che giustificherebbe sacrifici e parziali perdite di sovranità. Questo è il sogno. La realtà è un’altra. Invocare sentimenti di solidarietà tra i Paesi europei significa non considerare i fondamenti giuridici dell’Unione Europea: l’Unione non è niente di più che una organizzazione intergovernativa che, senza radicali modifiche delle norme vigenti, non potrà sfociare in una unione politica di natura federale.

Non solo le norme non lo prevedono ma, di più, lo vietano. Non lo consente, in primo luogo, la Costituzione tedesca e lo vietano le norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (art. 123, 124 e 125). In mancanza di queste norme, la Germania non avrebbe nemmeno avviato il negoziato per la costituzione dell’Unione Europea. E’vero che in politica si possono trovare compromessi e sotterfugi, ma ben difficilmente la Merkel si esporrà a inevitabili ricorsi alla Corte Costituzionale tedesca e, tanto meno, concederà all’opposizione politica interna argomenti così sensibili per l’opinione pubblica. 


 Accusare l’Italia di fare una finanza pubblica allegra a spese degli altri Paesi è una mistificazione. Dagli altri Paesi europei non abbiamo mai avuto nemmeno un euro. Siamo annualmente contributori netti dell’UE e abbiamo versato 58 miliardi in aiuti ad altri Stati che, in realtà, si sono rivelati prevalentemente aiuti alle banche tedesche e francesi. Sono 25 anni che i governi italiani sottraggono all’economia più risorse di quante ne immettono attraverso la spesa pubblica (al netto degli interessi sul debito). Se consideriamo gli avanzi primari come misura del grado di austerità, l’Italia è campione del mondo senza possibilità di confronto con nessun altro Paese.  

Se c’è un Paese che ha tratto enormi vantaggi da quando si è seduto alla tavola della zona euro, anche a scapito dei commensali, questa è la Germania. Loro sono molto bravi a fare i loro interessi, un po’ meno a raccontarla giusta. 

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